Morte...
Un
macabro inizio, anche se azzeccato, dato che sarà l'argomento
principale del post, e non esiste miglior modo che parlare di questo
argomento quando si è vittime d'una potente quanto fastidiosa
influenza che ti fa capire come si sente uno zombie. Scherzi a parte,
il post di oggi avrà come principale argomento la vecchia nera
signora con la falce con cui fin troppi scrittori, specialmente
Fantasy, non hanno mai avuto un ottimo rapporto.
Innanzitutto,
quando si scrive, bisogna tenere ben presente un fattore importante
come la morte, poiché molti scrittori non riescono a
considerarla per bene, in quanto serve loro solo come luogo in cui
spedire, magari pure in maniera rocambolesca, assurda, eclatante o
spettacolare, i cattivoni di turno... Perciò bisogna chiedersi
all'inizio:
“Come funziona la morte nel mio mondo?”
“C'è
un inferno\paradiso\purgatorio\mondo parallelo?”
“È
importante il ruolo della morte nella mia storia?”
“Si può
tornare dalla morte?”
Ma,
soprattutto, la domanda principe che ogni scrittore si deve fare è:
“Sono
io in grado di far morire i miei personaggi?”
Già,
perchè mentre si scrive si arriva ad affezionarsi talmente
tanto ai propri personaggi (specialmente quelli più riusciti)
che si finisce per renderli praticamente immortali e, qualora messi
alle strette in scene in cui siamo intenzionati a farli morire,
finiamo per trovare un escamotage per farli “tornare”. Non dico
il protagonista, la cui assenza potrebbe pregiudicare l'andamento
della storia (non sempre, ovvio), ma altri personaggi importanti o
meno che, per simpatia o altri motivi, finiscono per superare in
longevità anche il buon Matusalemme.
Allora...
Tutto ciò è un parere puramente personale, poiché
chiunque scriva ha bene o male la sua idea in merito al destino dei
propri personaggi, però ho avuto diversi esempi di lettura, in
cui ho notato la propensione dello scrittore al rendere praticamente
immortali i propri personaggi (Tolkien docet), e ciò rende,
secondo me, poco reale una storia (anche se in chiave Fantasy) e
comunque abbastanza prevedibile.
Eccola, è lei! E reclama il sangue del tuo personaggio più riuscito!
Come
ho detto in precedenza, quando si scrive, si tende a immedesimarsi
parecchio nella vita dei propri personaggi, sono come figli, li
vediamo crescere, diventare reali e, irrimediabilmente, tendiamo a
essere dispiaciuti quando la signora con la falce viene a reclamare
il suo tributo.
Ma
allora come fare per evitare questa crisi “del buon genitore”?
Ovviamente se si è “spietati e cinici” il problema non
sussiste, ma se così non fosse?
Essendo
un discorso molto soggettivo, ognuno può tirare fuori dal
cilindro il suo metodo perfetto, resta comunque il fatto che questo
metodo debba essere rispettato dallo scrittore come un dogma, come se
fosse un qualcosa che esula dalle sue scelte e, in questo caso,
spiegherò come sono riuscito a risolvere nella costruzione
della mia storia...
LA
MORTE NEL MIO MONDO
Ero
a metà stesura del mio secondo libro, quando mi accorsi
d'essere entrato in pieno nella sindrome del buon genitore... La
morte di alcuni dei miei personaggi non era lontanamente
contemplabile... E ciò non andava affetto bene.
A
quel punto mi sono chiesto: “Beh... Il concetto di morte e del
'dopo morte' l'ho già spiegato... Però avrei
bisogno di creare alcune regole per definirlo, valide sia per la
storia, che per me in quanto scrittore.”
E
qui mi sono scervellato un po', alla ricerca di regole coerenti per
descrivere la morte nel mio mondo, che ora andrò a esporre per
farvi capire...
Dunque...
Non starò a spiegare proprio tutto, perchè
altrimenti
mi ci vorrebbe più di un post e non mi conviene, ma il
concetto è piuttosto semplice:
Ogni essere vivente possiede
un'anima, chiamata Anima Eterea, composta da “Etere” (l'energia
di cui è composto il mondo e di cui la magia si alimenta.) e
di “ricordi”, legati prettamente al possessore dell'Anima Eterea.
Esiste un luogo, chiamato “Prufunda”, dove le anime dei morti
vengono risucchiate, centrifugate, svuotate dei ricordi e
“purificate”. Alla fine del lungo viaggio di “centrifugazione”
le anime ritornano nel mondo sotto forma di “Etere puro”,
alimentando un ciclo continuo ed eterno. Piuttosto semplice.
Il
mio secondo passo è stato “regolamentare” il funzionamento
del Prufunda con dei “Principi”, i quali, anche nella storia,
prendono il nome dei “5 principi di Prufunda”.
In
soldoni:
1
– Tutte le anime eteree, prima o poi, finiscono nel Prufunda, senza
eccezione.
2
– Il Prufunda purifica le anime eteree dai ricordi di quando esse
restavano nel mondo reale. Una volta purificate, le anime tornano nel
mondo reale, mentre i ricordi rimangono nel Prufunda per alimentarne
il moto perpetuo.
3
– Il Prufunda non tiene conto di cose entra o esce, purchè
sia mantenuto l'equilibrio. (Seguirebbe altra spiegazione per aprire
un varco, ma è inutile ai fini del post.)
4
– Il Prufunda non esiste né può essere collocato in
nessuno dei tre piani (concetto che evito di spiegare per comodità),
poiché i ricordi non possono essere definiti con nessun canone
magico.
5
– Il Prufunda si attiene alle regole che esso stesso si è
creato, esulandolo dalle leggi del mondo reale.
Così,
con queste regole e impostazioni, ho deciso il “dopo morte”, ma
questo è il “come” funziona la morte dentro alla storia, e
non come risolvo il problema della sindrome del buon genitore...
Beh,
per quella ho usato un metodo più terra terra.
SCONFIGGERE
LA SINDROME DEL BUON GENITORE
Dopo
aver per bene definito ogni aspetto della morte e del “dopo morte”,
ho creato uno “specchio” della stessa per me, in quanto
scrittore, e ogni volta che mi trovo a usarlo, non c'è trippa
per gatti...
Un
semplice quaderno, un block notes, in cui scrivo, prima della stesura
del libro, i personaggi che devono morire e in che modo (No, non mi
sento Light Yagami, ma il concetto è lo stesso). Ogni volta
che un nome viene scritto su quel quaderno... La morte è
inevitabile!
Usarlo può arrecare dipendenza... Ma anche soddisfazioni!
Tutto
questo può sembrare un poco assurdo, e magari anche infantile,
ma vi assicuro che come metodo non è male e, anzi, è
parecchio efficace. Però ognuno deve avere il suo di metodo,
questo era solo un suggerimento.
L'importante
è non lasciarsi prendere troppo dal sentimentalismo, ed essere
nello spirito giusto per poter uccidere anche il nostro personaggio
meglio riuscito. Non contano i sentimenti! Se la storia esige il
sangue di quel personaggio per migliorare, così deve essere!
La storia viene sempre prima dei personaggi!
Per
esempio, certi miei amici usano un metodo che non condivido, ma che
per loro è essenziale: Tirano a sorte. Eliminano dalla lista
personaggi che “servono”, e poi tirano a sorte da un barattolo il
nome del personaggio che deve morire. Io non condivido perchè
ciò non ha pianificazione, ma può essere un metodo
divertente e imprevedibile.
Uno può aver bisogno di un metodo o meno, l'importante è
aver ben chiaro il perchè si usa o no. Beh... Sbizzarritevi!
Beh...
Penso di aver detto quasi tutto sul come trovare un buon metodo per
impedire ai nostri personaggi di non morire mai, e con questo chiudo:
Un saluto a tutti!
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