Prima, però, di partire... Vorrei
scrivere tre definizioni prese dal “Tizionario”, il mio personale
“dizionario delle definizioni”.
Casa Editrice: Azienda, impresa, che
lucra sfruttando il patrimonio intellettuale dei suoi dipendenti
(autori), cercando di arrivare a fine anno con il bilancio in verde a
costo di pubblicare le ricette della Parodi, i libri di Moccia, o il
nuovo vampiro di turno.
Autore: Tizio che è riuscito a farsi
mettere il nome in copertina, il quale spera di far soldi con il solo
lavoro intellettuale. Vero, in parte, se gli pubblicano 10 libri che
sfilano 10000 copie cadauno, al quale, a quel punto, sarà dedicata
una statua in oro massiccio nel piazzale antistante alla sede della
sua Casa Editrice.
Autore Esordiente: Tizio che crede che
in ogni Casa Editrice lavorino solo incompetenti che non riescono a
capire la grande opera che egli stesso ha scritto, e che con il solo
10% del suo futuro ed eventuale guadagno potrebbe risollevare il
problema della fame in un paese africano.
Detto ciò, andiamo avanti...
Tutto parte da un anno fa (Era per
l'esattezza il 21\10\2011), quando nella mia cassetta delle lettere
trovai una bella busta infiocchettata con tanto di logo di una nota
casa editrice.
Era passato più o meno un anno dacchè
avevo spedito il primo capitolo della saga di Nike alle varie case
editrici, sia passando per la via classica (Cartacea) sia per la via
“giusta e nuova” (E-Mail), e quella che avevo per le mani non era
che la terza lettera che ricevevo (Su svariati e svariati invii che,
a oggi, starei ancora attendendo).
Dato che, come già detto, avevo già
ricevuto due lettere di rifiuto prestampate, non nutrivo speranze di
una pubblicazione, ma intanto tenevo la busta al petto e il cervello
pronto a preparare una bella festa, e in bocca una frase compiaciuta,
del tipo: “Beh... Almeno questi si sono degnati di rispondere.”
Salii in casa, cercando di mantenere
un passo normale per puro gesto scaramantico di chi non deve dare
importanza alla cosa per far sì che vada per il meglio e, una volta
giunto al tavolo, scartai la busta per leggere del mio destino, del
Destino di Nike.
Tò! Una lettera! Speriamo sia la risposta buona d'un editore... Beh... Almeno speriamo non sia la bolletta del gas.
La lettera era scritta in due parti:
La prima prestampata a computer, la seconda a mano.
Purtroppo la lettera è andata perduta
nel trasloco di tutte le cianfrusaglie che tenevo nella mia vecchia
casa, ma ricordo tutt'oggi cosa c'era scritto, e il significato che
per me ebbero quelle righe scritte a mano che stavano sotto le venti
stampate a computer.
Ovviamente, e come avrete capito anche
voi, dato che Nike a oggi se ne sta nel mio PC e non sugli scaffali
Feltrinelli, la lettera era un rifiuto bello e buono, di quelli
scialbi e scarni che solo una casa editrice di una certa importanza
può elargire, ma da quel giorno il mio modo di vedere lo scrivere un
romanzo cambiò un poco, facendomi comprendere, in parte (Ovvio) cosa
realmente gli editori cercano in un esordiente.
In pratica la lettera diceva così:
“Gentile Autore del manoscritto, la
ringraziamo in anticipo per averci sottoposto in visione la sua
opera, ma la casa editrice ha ritenuto il suo lavoro non inerente
alla nostra linea editoriale, pertanto... [bla bla bla]... Distinti
saluti.
Luogo, data, firma.”
Di lettere di rifiuto così, per chi
scrive e tenta da tanto tempo, ne ha pieni i cassetti, ma quello che,
come vi ho detto, mi ha dato a ragionare, non era il rifiuto in sé,
ma la nota in corsivo, scritta a penna blu e grafia ordinata, da un
tizio (Di cui non ricordo il nome) che a ricercare su Google mi parve
essere un direttore editoriale o qualcosa di simile, quindi non il
primo che passa per strada, ma uno che di libri farfuglianti di
esordienti scapestrati ne deve aver piene le scatole.
La nota diceva così (Scrivo
riassumendo quello che ricordo):
“Gentile autore (Ancora!), ho letto
personalmente il manoscritto che ci hai sottoposto, e avrei qualche
appunto da fare. Nonostante lo stile acerbo, ma che può essere
migliorato, ho avuto un certo interesse nel leggere la storia. Il
problema è che al giorno d'oggi l'editoria Italiana è un po' in
crisi, poiché tutti scrivono ma nessuno legge. Questo fatto è
abbastanza deleterio, specialmente per gli esordienti come te, per un
argomento di nicchia come lo è il Fantasy, e ancora di più per
quanto riguarda lo scrivere una saga in più volumi. Ti invito a
riprovare, ma ponderando il fatto di scrivere qualcosa di
editorialmente più pubblicabile.”
La cosa mi strappò un sorriso,
davvero...
“Editorialmente più pubblicabile”,
ricordo perfettamente quelle tre parole, perchè in esse vi era tutto
il significato dell'essere un esordiente.
Rilessi più e più volte quelle
righe, traducendole nella mia testa in un linguaggio più semplice,
anche se un po' trash:
“Caro il mio Sig. Nessuno. Siccome
la casa Editrice non fa beneficenza, ed è un'impresa che deve
guadagnare per pagare i suoi dipendenti, ecc., non ti pubblichiamo,
ma siccome il tuo libro ha fatto meno schifo degli altri sessantamila
manoscritti che riceviamo ogni anno, voglio dirti le cose come
stanno: Sei un emerito sconosciuto, e scrivi una saga Fantasy che non
sappiamo se finirai mai o se venderà... Quindi devi essere pazzo, se
non scemo del tutto! E visto che se pubblichiamo il primo dovremmo
pubblicare anche gli altri, col cavolo che ti si prende in carico con
vari editor e tutto ciò che dietro sta (Mica sono gratis certi
servizi per noi!), in quanto emerito sconosciuto dovremmo persino
farti conoscere, e ciò costa caro!
In pratica pubblicarti sarebbe un
rischio che noi non possiamo permetterci.
Però devo ammettere che non fai tanto
schifo, e leggere la tua storia è stato un toccasana per la mia
mezz'ora giornaliera sulla tazza del cesso, perciò ti do un avviso:
Scrivi un libro che non comporti l'obbligo di un sequel, almeno la
casa editrice, se il tuo libro fa flop, ti può scaricare in ogni
momento senza farsi del male, e se invece vendi, beh...”
Editorialmente più pubblicabile...
Quella parola risuonò nella mia testa
finchè non mi misi a scrivere l'ultima mia fatica, Dorian Curze.
Alla fine quel consiglio mi è risultato più che utile, perchè mi
ha fatto comprendere il punto di vista di una casa editrice.
"Non mi hanno pubblicato! Non capiscono nulla!" Classica espressione e frase di un esordiente con in mano una lettera di rifiuto da parte di una Casa Editrice.
Le case editrici (Quelle serie e non a
pagamento) non sono organi di beneficenza, e anche loro devono dar da
mangiare ai dipendenti, e anche ai manager, che costano di più.
Grazie a quelle righe in corsivo ho avuto la fortuna di capire uno
dei millemila motivi per cui non mi hanno pubblicato (Almeno per
quanto riguardava quella casa editrice).
Perchè allora non fare tesoro di quel
consiglio? Certo che sì!
Quindi, in pratica, quello che volevo
dire di questa esperienza è di stare attenti a ciò che si vuole
scrivere.
In questi ultimi due mesi mi sono
impegnato a voler riscrivere un nuovo romanzo Fantasy (Tanto per non
perdere il vizio), ma diverso da Nike, molto diverso.
Ho preso carta e penna, disegnato un
mondo (Infinitamente più piccolo di quello di Nike), creato regni,
personaggi, e tutto ciò che mi occorreva per scrivere la storia. Poi
ho dato un senso logico alla storia e cominciato a scrivere, ma
quando mi sono trovato di fronte ad alcune scelte mi sono dovuto
fermare.
“Aspetta” mi dissi. “Se scrivo
questo in questo modo... Poi dovrò spiegarlo, altrimenti non si
capirà un bel nulla sul come e perchè il personaggio agisce in
questa maniera.”
E lì cominciano i problemi... Perchè
stavo di nuovo ricadendo nella trappola dello scrivere una storia con
l'obbligo di sequel.
Scopo del libro: Scrivere una storia
Fantasy che sia “Editorialmente pubblicabile”, ovvero che possa
essere pubblicata senza l'obbligo di un seguito. Se poi andrà bene,
però, avere piccoli appigli per ampliarla e continuarla, ma al
momento deve essere un libro “Fatto & Finito”, non una saga,
ma una storia. Punto.
L'editore non si deve sentire in
obbligo di rivedere la tua brutta faccia se non lo fai guadagnare,
quindi deve avere la possibilità di depennarti se fallisci.
Perchè poi scrivo tutto questo?
Perchè raccontare questa esperienza?
Perchè se avrete notato, sotto al
titolo del blog vi è una frase: “Perchè se per essere pubblicato devi essere già qualcuno... Comincerò da qui!”
La strada verso la pubblicazione di
una saga è lastricata di piccoli sforzi. Si può avere fortuna, è
vero, perchè nulla vieta all'editore di fare una salto nel buio per
un esordiente che si presenta alla porta con un malloppo di storia in
più volumi. Però se la fortuna si costruisce risulterà meno cieca.
Un piccolo esempio in due parti:
Parte 1
Editore riceve il primo libro di una
saga di un emerito sconosciuto.
“Mmm... E chi cavolo è 'sto qui?
Bellino il libro però... Ma se poi me ne pento!? No, dai, meglio
pubblicare il nuovo Platone del 2000: Fabio Volo.”
E il tuo libro finisce a far da
sostegno per il gambo di un tavolo traballante.
Parte 2
Editore riceve il primo libro di una
saga da un Sig. Nessuno, che però ha già pubblicato un paio di
libri per una casa editrice NON a pagamento.
“Oh! Il sig. Nessuno mi ha mandato
il primo capitolo della sua saga... Beh... Pubblicato ha pubblicato,
e lavorare per fargli un nome non serve... Di sicuro non è il solito
tizio che scrive un polpettone senza senso. Beh... Diamolo al
comitato di lettura, e vediamo che ne pensano...”
Stilizzata, magari mal fatta e
pensata, ma preferisco pensare a una scena così.
Volevo includere nel post anche un
paio d'argomenti che mi preme dire, delle opinioni personali su come
penso che sia il mondo editoriale visto dalla parte del lettore
medio. Argomenti tipo il “Voler per forza sentire\vedere\leggere le
stesse storie che da sempre ci sentiamo raccontare”. Però mi
sono ora reso conto che mi ci vorrebbero almeno altre tre pagine,
quindi lo scriverò più avanti...
Per il momento, quindi: Un saluto a
tutti!
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